Vatican and canon law

Pro Iure patrio stamus

Vatileaks 2

La vicenda trae origine dalla pubblicazione di documenti riservati, messa in atto da due giornalisti italiani: Emanuele Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi.

Tali reati sono stati commessi all’inizio del novembre 2015. Al centro della vicenda ci sono Mons. Lucio Ángel Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaouqui, donna fortemente voluta dal Pontefice all’interno della Commissione referente sulle attività economiche della Santa Sede (il COSEA). 

L’accusa è di sottrazione di informazioni riservate dello Stato della Città del Vaticano, in questo caso informazioni sulle spese economiche della Santa Sede. Altro indagato è Nicola Maio, Segretario Esecutivo della COSEA, poi risultato completamente estraneo alla vicenda. 

Il giornalista Gianluigi Nuzzi pubblicò il libro Via Crucis ed Emiliano Fittipaldi, Avarizia. Anche questi ultimi sono accusati di concorso di sottrazione di informazioni riservate, ma essendo questi ultimi sotto territorio italiano. 

Il 7 luglio 2016, il processo si è concluso con l’assoluzione di Nicola Maio con formula piena, il proscioglimento dei giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi per difetto di giurisdizione, le condanne per Mons. Lucio Ángel Vallejo Balda e per Francesca Immacolata Chaouqui rispettivamente a 18 e 10 mesi di reclusione, con pena sospesa per la Chaouqui.

Mons. Lucio Ángel Vallejo Balda è stato detenuto all’intero dello S.C.V. dall’ottobre 2015 (poi trasformati in domiciliari, ovvero non poteva uscire dallo Stato). Dopo aver inviato una richiesta al Pontefice, lo stesso ha firmato, la vigilia di natale, il provvedimento che gli concedeva la libertà condizionale. 

L’accusa

Gli imputati erano accusati del reato di cui agli artt. 63 e 116-bis cod. pen. (quest’ultimo introdotto ad opera della Legge n. IX dell’11 luglio 2013) «perché, in concorso tra loro, Vallejo Balda nella qualità di Segretario generale della Prefettura per gli affari economici, Chaouqui quale membro della COSEA, Maio quale collaboratore di Vallejo Balda per le questioni riguardanti la COSEA, Fittipaldi e Nuzzi quali giornalisti, si sono illegittimamente procurati e successivamente hanno rivelato notizie e documenti concernenti gli interessi fondamentali della Santa Sede e dello Stato; in particolare, Vallejo BaldaChaouqui e Maio si procuravano tali notizie e documenti nell’ambito dei loro rispettivi incarichi nella Prefettura per gli affari economici e nella COSEA; mentre Fittipaldi e Nuzzi sollecitavano ed esercitavano pressioni, soprattutto su Vallejo Balda, per ottenere documenti e notizie riservati, che poi in parte hanno utilizzato per la redazione di due libri usciti in Italia nel novembre 2015».

Il segreto pontificio 

Il tribunale, nella presente sentenza, ha fatto una analisi molto utile di quello che è il segreto pontificio. 

“Poiché taluni fatti in controversia – per effetto delle estensioni della normativa penale e della funzione giudiziaria dello SCV sancite dai Romani Pontefici Benedetto XVI e Francesco (cfr. supra, n. 47) – coinvolgono il segreto pontificio è opportuno un cenno alla normativa canonica che lo riguarda, ossia l’Istruzione “Secreta continere” approvata da Papa Paolo VI mediante “Rescriptum ex audientia” del 4 febbraio 1974 (cfr. EV, V, 98- 106, 128-137), la cui vigenza normativa è stata confermata anche dall’art. 34, § 2 del Regolamento generale della curia romana, approvato con “Rescriptum ex audientia” dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II il 30 aprile 1999 (cfr. EV, XVIII, 572, 423).

In riferimento a questo documento normativo si può osservare che nella parte che precede l’articolato è possibile rintracciare qualche indice per individuare la basilarità di un interesse riguardante la Santa Sede, ermeneuticamente apprezzabile per l’interpretazione dell’art. 116 bis c.p.: «A buon diritto a coloro che sono chiamati al servizio del popolo di Dio vengono affidate alcune cose da custodire sotto segreto, e cioè quelle che se rivelate o se rivelate in tempo o modo inopportuno, nuocciono all’edificazione della chiesa o sovvertono il bene pubblico oppure infine offendono i diritti inviolabili di privati e di comunità (cfr.. Communio et progressio, 121)» (EV, V, 99, 129).

In evenienze, quindi, indubitabilmente circoscritte, sono individuabili interessi primari della Santa Sede. Più specialmente questi sono collegati o a un nocumento nella edificazione della Chiesa – «assemblea visibile e… comunità spirituale», mediante la quale Cristo «diffonde su tutti la verità e la grazia» (Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica del 21 novembre 1964, “Lumen Gentium”, n. 8, EV, I, 304, 133-135) – oppure al “sovvertimento”, e cioè allo sconvolgimento, del bene comune, o ancora all’ “offesa”, vale a dire alla lesione, di uno dei diritti inviolabili dell’uomo, considerato sia nella sua singolarità individuale sia nella sua compartecipazione ad una socialità per lui necessaria.

Nel medesimo documento che si sta esaminando si esplicita altresì come la secretazione abbia la sua individuazione anche tramite la determinazione di coloro che la possono stabilire. «Infatti è chiaro che trattandosi dell’ambito pubblico, che riguarda il bene di tutta la comunità, spetta non a chiunque, secondo il dettame della propria coscienza, bensì a colui che ha la cura della comunità stabilire quando e in qual modo e gravità sia da imporre un tale segreto» (EV. V, 100, 129-131).

Di più, al di là del segreto d’ufficio – al quale sono tenuti anche coloro che prestano servizio nelle curie diocesane (cfr. can. 471, 2° del codice di diritto canonico) – nel documento del quale si sta discutendo si spiega che nel Popolo di Dio si possono avere situazioni particolari che, con riferimento alla secretazione necessitano di una normativa speciale: «Per quanto riguarda la curia romana… in taluni affari di maggiore importanza si richiede un particolare segreto che viene chiamato “segreto pontificio” e che deve essere custodito con obbligo grave» (EV, V, 101, 131).

La regolamentazione di tale segreto, nell’art. I statuisce, in rapporto agli interessi di fondo della Santa Sede, una elencazione dei casi nei quali questo può essere esigito. Più specialmente poi, dopo una enumerazione di ipotesi nelle quali la precisa rilevanza ecclesiale e la conseguente ragione della secretazione sono evidenti, una tale disposizione individua un’ultima fattispecie di chiusura nella quale emerge la eccezionalità del segreto pontificio: «Gli affari o le cause che il sommo pontefice, il cardinale preposto a un dicastero e i legati della Santa Sede considerano di importanza tanto grave da richiedere il rispetto del segreto pontificio» (EV, V, 103-133).

L’art. II di quella medesima regolamentazione, dopo aver enumerato coloro che, a causa di una ingiunzione particolare o della loro posizione ecclesiale – nella quale debbono essere ricompresi gli imputati dei quali si sta discutendo la responsabilità penale – sono i possibili destinatari per i quali un tale segreto può essere disposto, nell’ultimo numero – ermeneuticamente rilevante in riferimento all’art. 116 bis c.p. – si individua una peculiare categoria di soggetti vincolabili, sancendo: «Tutti coloro che, in modo colpevole avranno avuto conoscenza di documenti o affari coperti dal segreto pontificio o, che pur avendo avuto tale informazione senza colpa da parte loro, sanno con certezza che essi sono ancora coperti dal segreto pontificio» (EV, V, 104, 133-135).

Quest’ultima norma dispone quindi che si può essere coinvolti e astretti dalla secretazione pontificia solo in particolari circostanze, ossia quando l’informazione secretata sia stata acquisita illecitamente o, anche lecitamente, ma, in tale ipotesi, unicamente se si ha la certezza della permanenza di un tale segreto. La secretazione pontificia, per ciò, è contrassegnata, così oggettivamente come soggettivamente, da una sua peculiare eccezionalità.”

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